Un'altra storia

Alice Moretto, studentessa di Design e Arti dell’unibz, e Xenia Trojer, operatrice della cooperativa Officine Vispa, ci hanno raccontato i retroscena di  “Nebraska – Una finestra su Casanova-Ortles”, un progetto editoriale che vuole valorizzare e promuovere un territorio ancora poco conosciuto, il quartiere di Casanova – Ortles per l’appunto. 
 

Alice, Xenia, che cos’è per voi Casanova-Ortles?

Alice: Io sono originaria di Perugia e sono arrivata qui per frequentare l’università. Quando abbiamo realizzato questo progetto la città di Bolzano non mi era molto famigliare. Il quartiere Casanova-Ortles mi era assolutamente estraneo. Farne esperienza mi ha lasciato tante sensazioni: l’ho percepito come un quartiere neonato, ho percepito la mancanza di un tessuto sociale consolidato e l’assenza di servizi. Allo stesso tempo lo vedo come un quartiere diversificato, giovane e molto ricco di potenzialità.

Xenia: Casanova-Ortles è un quartiere architettonicamente molto bello, che attira architetti da tutto il mondo. È un quartiere molto giovane, perché è ricco di famiglie molto giovani e c’è un’interessante convivenza di persone italiane, tedesche e con background migratorio. È estremamente ricco culturalmente! È spesso identificato con connotazioni negative e viene percepito come quartiere dormitorio, come “ghetto”. Purtroppo molto spesso emergono solo le criticità e gli aspetti negativi di questo luogo, ma in realtà ci sono moltissime situazioni positive. Per esempio è pieno di spazi verdi dove i bambini possono giocare tranquillamente. Anche dal mio punto di vista questo rione ha un grande potenziale, bisogna solamente incanalarlo nel modo giusto. 

Come nasce la rivista Nebraska? Da dove arriva l’idea?

Xenia: L’idea nasce qualche anno fa dalla cooperativa Officine Vispa e risponde alla necessità di trovare un modo di comunicare all’interno del quartiere. Grazie agli studenti del corso di Design & Arti abbiamo ripreso in mano il progetto e lo abbiamo migliorato.

Alice: Esatto! Eravamo un gruppo di circa 15 studenti e dopo aver conosciuto il quartiere e chi lo abita, abbiamo cercato di capire come potevamo essere utili in questo ambiente. Una delle prime idee è stata proprio quella di creare un giornalino di quartiere che vedesse protagonisti proprio i suoi abitanti. Con questo progetto abbiamo cercato di far sentire gli abitanti valorizzati e di stimolare in loro la curiosità.  

In che modo avete raccontato questo quartiere e i suoi abitanti?


Alice: Abbiamo coinvolto direttamente gli abitanti intervistandoli, proponendogli dei sondaggi, li abbiamo invitati a lasciare dei commenti e ad esprimere le loro opinioni sul quartiere. Abbiamo attivato anche i bambini. Loro sono i più grandi motivatori perché prendono a cuore la causa e riescono a spronare i genitori, i nonni, gli adulti. Secondo me sono stati loro i motori del coinvolgimento.

Xenia: Questo progetto ci ha permesso inoltre di conoscere storie di vita che prima non riuscivamo a raggiungere e a metterle nero su bianco. Per me e per le Officine Vispa è fondamentale valorizzare le storie di vita delle persone che vivono questo territorio. Tutte le storie che abbiamo raccolto costituiscono un racconto corale del territorio. Credo che sia molto importante ascoltare queste storie, soprattutto quelle che ci raccontano le persone anziane. Ascoltare non è più così scontato ed è importante per valorizzare la singolarità e favorire una percezione positiva del quartiere.

Avete raccolto molte storie di vita durante questo percorso, quale vi ha emozionato di più?

Alice: Per me è la storia della Casa che resiste: a Casanova c’è una piccola abitazione che è rimasta incastrata fra i grandi palazzoni. Mi ha fatto molto riflettere la storia della padrona di questa casa che una volta era circondata da vigneti in piena campagna ed ora è immersa in un ambiente completamente diverso. Mi ha molto colpita come ha vissuto questo cambiamento.

Un’altra storia che mi ha emozionata molto è quella della signora Lucia. Ci ha raccontato che suo marito di origini meridionali era visto come lo straniero, il nuovo arrivato, l’estraneo che non poteva integrarsi. Oggi, appena 15 o 20 anni dopo, lo straniero è diventato il vicino di casa senegalese.


Xenia: Faccio fatica a scegliere una singola storia. Sono immersa nella storia corale del territorio. Per me la storia più bella è quella che quotidianamente creiamo insieme ai bambini ed ai ragazzi.  

Che cos’è per voi la Memoria?

Alice: Penso che esistano due tipi di memoria: c’è la memoria personale e la memoria collettiva. La memoria personale, dal mio punto di vista, raccoglie delle suggestioni totalmente individuali. La memoria collettiva è, invece, una raccolta di più memorie personali che aiutano a determinare l’identità di un determinato luogo o di una determinata persona. Questa memoria viene tramandata e dunque filtrata da chi la racconta. Credo che più memorie si raccolgono, più facilmente si possa afferrare l’identità d’insieme.

Xenia: Mi è capitato di pensare che la memoria fosse come una zavorra che fa rimanere fermi. Con il tempo ho cambiato idea in merito al suo significato. Collezionando esperienze e memorie mi sono resa conto che la memoria è un monito importante. Per me la memoria corrisponde alla memoria di ognuno, alla storia di ognuno. Conoscere la storia collettiva di un territorio ha un ruolo determinante nella creazione del futuro. Spesso la Storia, quella con la S maiuscola, non prende purtroppo in considerazione le storie più “piccole”, le storie vere. Penso che la memoria che vale veramente è quella che appartiene a chi abita il quartiere. Spero che fra 50 anni il quartiere di Casanova non venga ricordato come un ghetto da cui scappare, bensì che verranno ricordate le “piccole” storie di gioia e felicità. E a Casanova ce ne sono.  

Che cos’è per voi l’Anima?

Xenia: Per me non è nulla di trascendentale. Penso sia la volontà che ci spinge a fare determinate azioni.

Alice: L’Anima è una cosa che sento particolarmente vicina. La parola Anima è legata all’immagine del vento, del soffio vitale. Quindi io la collego molto con una sorta di movimento, ad una cosa impercettibile, ma allo stesso tempo a qualcosa che senti, che ti smove. Questo progetto secondo me è stato un soffio, forse anche veloce e transitorio, che però ha smosso qualcosa.






Si ringrazia Giulia Valerio per la preziosa collaborazione alla realizzazione dell'intervista.