Incontro

Manuel Unterfkofler ricorda i momenti passati all’ “Halle 28” con un sorriso nostalgico sul in viso. Come per molti altri giovani, il capannone industriale, poi diventato luogo di aggregazione giovanile e di eventi indimenticabili, ha significato molto per lui. Lo abbiamo incontrato davanti ai cancelli del cantiere, proprio dov’era situato il punto di ritrovo dei ragazzi bolzanini. In questo luogo impregnato di bei ricordi, ci ha raccontato la sua esperienza che lo ha portato alla realizzazione del progetto artistico “Halle28”.

Manuel, che cos’era l’”Halle 28”?
Era un vecchio capannone in disuso, che per un periodo ravvivò la scena underground, e non solo, di Bolzano. Era un luogo dove i giovani si ritrovavano i fine settimana per condividere e passare del tempo assieme, ballare e divertirsi. Un luogo che per tanti giovani voleva dire molto e dava loro la possibilità di stare insieme e svagarsi. L’”Halle 28” è stato attivo dal 2010 al 2015, successivamente è stato chiuso e poi abbattuto. Ora di questo capannone, raso al suolo, rimangono le macerie, e sotto di esse i ricordi di molte persone.

Qual è stato il tuo legame con l’”Halle 28”?
Mi piaceva passarci il fine settimana con gli amici. Era un’alternativa alle solite discoteche, perché non c’erano zone vip, tavolini o cubi su cui ballare. Eravamo tutti sullo stesso livello. Inoltre ospitava moltissime persone della scena underground internazionale che altrimenti non sarebbero mai arrivate a Bolzano. Mi ha fatto molto piacere averle potute incontrare. Era un locale che offriva anche eventi con lo scopo di valorizzare gli artisti e le band locali, giovani e non. Non si trattava solamente di divertimento e di “nightlife”, ma anche di attività a sfondo sociale e culturale, come ad esempio l’importante Festival di musica “Upload”. 

Qual è l’aspetto che apprezzavi maggiormente dell’”Halle 28”?
Quando si entrava incontravi le persone più disparate. Era un luogo frequentato da un pubblico molto eterogeneo. C’erano ragazzi dai 18 anni in su, ma era anche meta delle persone più adulte. Non esisteva un dress code, c’era chi era vestito con la camicia, ma anche chi aveva uno stile decisamente più casual. Non era il solito posto dove tutti sono vestiti uguali, come succede in molti locali oggi di tendenza. In più era un locale frequentato da madrelingua tedeschi e da madrelingua  italiani. Apprezzavo molto trovare tutta questa diversità. 

Cos’hai provato quando il capannone è stato chiuso e successivamente abbattuto?

Un grosso dispiacere. Era un punto di riferimento per me e per i miei amici. Ho deciso di realizzare il libro “Halle28” per dare voce alle persone che volevano dire la loro opinione a riguardo e contribuire a dare coraggio ai giovani a per difendere i propri spazi di aggregazione culturale. Vuole essere anche un invito alle autorità e ai cittadini ad essere più tolleranti.

Come hai deciso di ricordare questo luogo nel tuo libro?
Il libro racconta la storia dell’ “ Halle 28” attraverso un percorso cronologico basato su una ricerca storico/giornalistica, atta a delineare fatti realmente accaduti. Dall'apertura nel 2010 ai suoi primi eventi, dallo sviluppo e il brulicare di una nuova subcultura alle lamentele che portarono alla chiusura nel 2015 ed infine l'abbattimento nel 2017. Ciò che resta, è “soltanto” un ricordo.

Che tecniche hai utilizzato per trasmettere questo concetto?
Ho utilizzato svariate tecniche. Per esempio la copertina, protetta dalla sovra coperta, si presenta bianca e spoglia, quasi a voler ricordare il capannone quando era vuoto. Solo se si osserva attentamente si vede una stampa bianca del titolo “Halle28.” Questa scritta, realizzata con una stampante UV, se illuminata da una lampada a raggi ultravioletti crea un forte contrasto con la carta bianca sulla quale è stampata. Il titolo in copertina diventa chiaramente leggibile solo se fatto reagire con una luce di questo tipo. Ho voluto usare un'analogia tra la pubblicazione e il luogo che descrive: uno spazio che durante il giorno sembrava vuoto e senza anima viva, la sera si accendeva e brulicava di vita.

Quale funzione riconosci all’arte?
Quella comunicativa. Attraverso l’arte possiamo trasmettere molto, sopratutto emozioni. Credo che l’arte mi abbia aiutato a far capire e a far ricordare l’atmosfera che si viveva all’interno di questo luogo.

Che cos’è per te la Memoria?
Per me la Memoria è qualcosa alla quale tenersi aggrappati. Se dimentichiamo la Memoria di un luogo, di un evento o di una storia, continueremo a fare sempre gli stessi errori. Fare rifermento alla memoria è importante perché ti ricorda delle emozioni, sia positive che negative, ma pur sempre molto utili. Senza la Memoria andremmo avanti ciecamente. Non sapendo cos’è successo prima, come possiamo costruire qualcosa di nuovo e di migliore? 

Che cos’è per te l’Anima?

L’”Halle 28 ” ha lasciato un’impronta in molte persone. Sebbene al suo posto verrà probabilmente eretto un palazzo di uffici, sarà sempre presente la sua Anima, che continuerà a vivere nelle persone, spero anche attraverso il mio progetto.